Concludiamo, in questo numero, la carrellata su alcune delle domande tipicamente poste dai selezionatori ai candidati nel corso dei colloqui di lavoro e le risposte che hanno maggiori probabilità di risultare efficaci e puntuali, soddisfacendo i bisogni di conoscenza e approfondimento dell’intervistatore.
Ci soffermiamo questa volta sulle domande relative alle motivazioni e agli obiettivi professionali.
I selezionatori vogliono indagare le nostre motivazioni e aspirazioni professionali perché raccontare di sé attraverso desideri e obiettivi permette loro di capire meglio chi siamo, di scoprire informazioni preziose sulla nostra personalità, di fare ipotesi sull’effettiva corrispondenza tra i nostri desideri e le nostre ambizioni e le esigenze, i piani di sviluppo e la cultura organizzativa dell’azienda.
Abbiamo più volte sottolineato l’importanza di descriversi con correttezza, senza sovrastimarsi ne sottostimarsi, senza mentire. Questo suggerimento diventa ancora più valido quando si tratta di rispondere a domande sulle proprie motivazioni. Che senso avrebbe ad esempio dichiarare di essere motivati e disponibili ad un’ampia mobilità sul territorio (trasferte, permanenze temporanee sul territorio e/o all’estero ecc.) se nella realtà non vogliamo spostarci dalla nostra città per vincoli personali, familiari o per qualsiasi altro motivo?
E ancora, a cosa ci porterebbe entrare a far parte di una realtà aziendale caratterizzata da un modello organizzativo particolarmente competitivo e aggressivo se noi operiamo meglio in un ambiente cooperativo? Rischieremmo di dover svolgere un lavoro molto distante dalla nostra personalità e dalle nostre attitudini relazionali e alla lunga questo potrebbe rivoltarsi contro nella misura in cui fossimo costretti a “mettere a tacere” il nostro modo di comportarci e, a costo di sacrifici, avere una rendita lavorativa comunque difforme dalle aspettative aziendali.
È anche per questo che l’intervistatore indaga a fondo non solo gli studi svolti e le esperienza professionali vissute dal candidato ma anche i suoi interessi, il suo modo di percepire e rapportarsi alla realtà, le sue motivazioni e aspirazioni. Entrando a far parte dell’azienda, il candidato diventa uno dei mille nodi della rete aziendale (rete formata dai rapporti continui tra colleghi, dirigenti, responsabili, clienti, fornitori ecc). Ciò che l’azienda si chiede è se il neolaureato saprà essere, il saper fare infatti potrà invece apprenderlo in azienda stessa (non a caso moltissime aziende prevedono un programma di inserimento e accompagnamento al ruolo per i nuovi assunti).
Ecco perché è importante indagare motivazioni e aspirazioni professionali del candidato, per verificare se, al di la delle conoscenze teoriche e di eventuali competenze tecniche possedute, si è “adeguati” al contesto in cui si verrà inseriti. Sottolineiamo che non è questione di essere giusti o sbagliati ma semplicemente di possedere o meno attitudini cognitive e comportamentali che possano ben integrarsi con e in azienda.
Altre domande relative alle motivazioni e agli obiettivi professionali possono essere:
-che cosa l’ha spinta a rispondere al nostro annuncio/a proporci la sua candidatura?
-come si vede da qui a 3/5/10 anni? a che posizione aspira?
Nel primo caso è utile evidenziare l’interesse per come opera l’azienda e per il settore di cui si occupa valorizzando le capacità e esperienze che riteniamo possano essere spendibili e che, se si tratta di una candidatura ad una specifica inserzione, ci permetterebbero di ricoprire la posizione vacante.
Nel secondo caso mostriamoci informati sulle varie figure professionali presenti in azienda e su come queste evolvano, relativamente a mansioni, competenze e responsabilità, nel tempo.
Inoltre approfittiamo a nostra volta del colloquio per porre domande, chiedere maggiori dettagli sulle figure aziendali con cui entreremmo in contatto, sui piani di sviluppo dell’azienda, sui programmi di inserimento per i neolaureati, sul ritorno ottenuto dalla nuova campagna di pubblicità che abbiamo visto sui media ecc.
Un atteggiamento del genere non può che denotare curiosità e propositività, attitudini certamente ricercate e apprezzate dalle aziende.
A conclusione di questo viaggio che, in tre numeri, ci ha fatto soffermare su alcune delle domande più di frequente poste ai candidati, ricordiamo che non esistono risposte “perfette”. I nostri sono solo esempi finalizzati a riflettere sulle modalità di risposta più che sui contenuti che, naturalmente, cambiano a seconda delle persone coinvolte e del contesto. Non esistono risposte “azzeccate” in assoluto ma strategie di presentazione di se che, se adottate, possono renderci più sicuri nell’affrontare il colloquio.
Mostrarsi consapevoli di se e lucidi, rispondere alle domande con linguaggio curato e onestà, comportarsi in modo attivo ponendo domande e interagendo con l’interlocutore è, alla fine dei conti, l’unico “trucco”.