La chiamano sharing economy ma si tratta della più antica e originaria forma di economia: la condivisione di beni e servizi. Con varie sfumature, da quelle che aboliscono l’utilizzo del denaro ad altre che ne prevedono l’uso in modo ridotto o in forme originali, questo tipo di scambi sta prendendo fortunatamente piede. Complice, certo, la crisi , che impone di risparmiare, ma non solo. La vera innovazione, infatti, è la riscoperta di una dimensione economica più umana, più vicina alle esigenze degli individui e dell’ambiente. Perché non è vero che si debba per forza possedere denaro e che questo rappresenti la sola forma della ricchezza.
Banche del tempo
Rappresentano uno degli esempi più rodati di economia della condivisione. Si tratta di un sistema in cui le persone scambiano reciprocamente attività, servizi e conoscenze.
Le banche del tempo sono organizzate come istituti di credito nei quali le transazioni si basano sulla circolazione del tempo, anziché del denaro. Nella banca del tempo il valore delle attività scambiate corrisponde alle ore impiegate per realizzarle e potenzialmente in grado di offrire qualcosa di utile ad altri e tutti hanno bisogno di qualcosa.
Ogni “correntista” mette a disposizione della comunità determinate competenze per un certo numero di ore alla settimana (per esempio lezioni di inglese per quattro ore alla settimana). In cambio ha diritto a ricevere un servizio che lo interessi per lo stesso numero di ore prestate e offerto da qualche altro membro della comunità.
Coworking: in tanti in un ufficio
Possiamo definire il coworking una forma di “cooperazione spaziale”: si condivide il medesimo ufficio, generalmente un ampio open space, ma ciascuno svolge il proprio lavoro in modo indipendente. A differenza del tipico ambiente lavorativo, coloro che fanno coworking non sono in genere impiegati nella stessa organizzazione.
Esigenze economiche, certo: condividere l’ambiente di lavoro permette di dividere le spese di affitto e utenze. Ma c’è di più: questa formula salva dall’alienazione del lavoro “in solitario”, fatto da casa o in modo itinerante, e crea un nuovo ambiente sociale, fuori dagli schemi tradizionali. Insomma, chi ha dovuto subire i nuovi modelli di organizzazione del lavoro, sempre più flessibile e disgregato, ha rilanciato, inventandosi un’organizzazione degli spazi che crea una nuova socialità che salva dall’isolamento e , allo stesso tempo, favorisce la nascita di progetti, idee, collaborazioni.
Con il coworking è possibile affittare una postazione, per periodi che possono andare da poche ore a un mese. La tariffa mediamente compresa tra i 25 euro giornalieri e i 300 mensili, comprende scrivania, connessione internet, riscaldamento, pulizie e caffè self service.
Il cohousing: vieni a vivere con me?
Lentamente, sta prendendo piede anche in Italia. E’ il cohousing, una forma di coabitazione che coinvolge più nuclei familiari che si uniscono per acquistare, ristrutturare e condividere un immobile privato.
In questo modo le comunità riescono a combinare l’autonomia dell’abitazione privata con i vantaggi di servizi, risorse e spazi condivisi: ciascun membro ha un proprio appartamento, ma può usufruire di una serie di spazi comuni, come micronidi, laboratori per il fai da te, palestre, stanze per gli ospiti, orti, giardini, lavanderia.
Questo genere di organizzazione garantisce vantaggi economici, perché permette di dividere le spese di acquisto e di utenze e servizi, ma anche relazionali, perché si crea una comunità coesa che decide insieme tanto il progetto edilizio quando le modalità di condivisione degli spazi.
L’house swapping
All’insegna della vacanze economicamente sostenibile è la ricerca dell’alloggio. In questo caso ci viene in soccorso quello che è chiamato house swapping, cioè lo scambio di casa.
Anche per l’ospitalità il teatro dello scambio è virtuale: sono moltissimi, ormai, i siti internet che permettono l’incontro tra domanda e offerta di abitazioni. La forma più diffusa è lo scambio “casa con casa”: si desidera passare una vacanza in un determinato periodo in un certo posto e ci si mette in contatto con qualcuno interessato a visitare la propria città nello stesso periodo, impegnandosi a rispettare l’abitazione che ci ospiterà e a non tradire il rapporto di fiducia con la controparte.
Esistono tuttavia anche varianti sul tema e si può scambiare il soggiorno con altri beni, come lavori vintage, biglietti aerei, quadri, ma anche lavori di restauro o di tinteggiatura della struttura.
Couch surfing: quando basta un divano
Una variante ancora più essenziale dell’house swapping è il couch surfing: da una parte c’è chi mette a disposizione una stanza o il divano della sua casa o anche solo un angolo di giardino in cui piantare la tenda, dall’altra c’è chi parte per nuovi Paesi e cerca un posto in cui poter sostare per qualche giorno.
Anche in questo caso è sufficiente registrarsi su uno dei tanti siti dedicati, inserire i propri dati anagrafici, la città di residenza e si può accedere alle offerte di ospitalità.
durata, natura e termini della sistemazione sono chiariti anticipatamente via web tra le parti. Essendo un programma nato per il libero scambio di ospitalità, non è previsto alcun corrispettivo di tipo monetario, ma non è raro che l’ospite si presenti con qualche prodotto tipico del suo Paese o un piccolo dono.
Carpooling
Viaggiare è una delle esperienze più belle e appassionanti che si possano fare. In tempo di crisi, tuttavia, bisogna fare economia. Per questo, da alcuni anni si sono diffusi anche in Italia i siti internet che fanno incontrare domanda e offerta di passaggi in auto. Insomma, è nata la versione digitale del vecchio autostop.
Si chiama carpooling, cioè condivisione dell’auto, e prevede l’organizzazione in anticipo del viaggio condiviso attraverso un contatto online. Chi cerca il passaggio si registra al sito e il gestore lo mette poi in contatto con chi è diretto verso la sua stessa destinazione o un luogo lungo il tragitto.
Questa formula permette di viaggiare quasi a costo zero e le quote consistono, oltre che in quella di iscrizione al sito, in una partecipazione alle spese di viaggio.
Di solito, su tratte di circa 500 chilometri, non si spendono più di 50 euro a testa.
Il baratto: un’arte antica che ritorna
Lo scambio senza denaro non riguarda solo servizi, ma anche beni. In rete è possibile trovare piattaforme che permettono di scambiare qualunque cosa: dagli abiti agli oggetti d’arredamento, beni e servizi tra aziende (il cosiddetto “bartering”), ma anche cibo in cambio di oggetti dismessi.
Il baratto sta diventando sempre più un’occasione di socialità, soprattutto negli “swap party” e nei mercatini, sempre più diffusi.
Talvolta questi scambi assumono forme davvero originali: è allora possibile imbattersi in ristoranti dall’anima ecologista che offrono cibo in cambio di spazzatura.